Caro Vittorio Feltri, mi chiamo Daniel Cuello. Sono un cosiddetto “immigrato economico”. Sono arrivato in Italia da bambino insieme alla mia famiglia, in un’epoca, per mia fortuna, in cui l’economia italiana godeva ancora della lunga coda dei benefici del boom dei decenni precedenti, arrivato da un paese, l’Argentina, che soffriva (e soffre) all’opposto, come in uno specchio perverso, della lunga coda del disastro economico.
Ero un poveraccio, come mi definisce lei, in Argentina e lo sono stato per molto, moltissimo, tempo anche in Italia. La mia più grande fortuna è stata avere dalla mia parte dei genitori che hanno fatto enormi sacrifici per darmi il massimo che potevano, garantendomi una buona istruzione, lavorando sette giorni su sette, 15 ore al giorno, pur di pagare anche l’insegnante di sostegno, alla quale devo molto più della semplice coniugazione dei verbi. Istruzione fatta di insegnanti ai quali interessava ben poco del conto corrente dei miei genitori (ad eccezione di alcuni rari e maleodoranti casi) o quello dei genitori dei miei compagni di classe, di gran lunga più consistenti.
Leggendo il suo editoriale di un paio di giorni fa non solo mi sono sentito offeso, non solo ho sentito la morsa della più bieca discriminazione raziale ed economica, ma mi sono posto delle domande, ad esempio, che persona sarei oggi se non mi fossi dovuto confrontare quotidianamente con persone dal potere economico nettamente superiore al mio? Che persona sarei se non avessi avuto dalla mia parte genitori coraggiosi e insegnanti (e dirigenti scolastici) interessati alla mia istruzione e non alla mia provenienza culturale ed economica? Le sue considerazioni, come quelle di Facci, condivisibili solo sul “esistono i poveri ed esitono i ricchi” sono offensive e un pericoloso nutrimento per la discriminazione. Se è vero che l’istruzione italiana non gode più di quella attenzione (economica) che riceveva dieci, venti o trent’anni fa, è necessario intervenire (è difficile, lo so, perché è di politica che stiamo, tristemente, parlando) affinché ciò ritorni consuetudine, invece di creare ulteriori divisioni, antagonismi e ghettizzazioni culturali, come lei o la dirigente dell’istituto scolastico romano auspicate.
Antagonismi e ghettizzazioni che sappiamo molto bene dove possono portare. Sono davvero grato al sistema scuola, che mi ha dato le stesse opportunità garantite a chi era più ricco di me, che mi ha “illuso” al punto tale da investire tutte le mie energie per diventare un autore e disegnatore di fumetti (o graphic novel, libri, li chiami come preferisce). È proprio vero: la scuola illude, e lei, Feltri, uccide ogni speranza. Ma si sbaglia. E tanto. «Questa è la verità ed è da fessi contestarla» per citare le sue stesse parole.